Ecco cosa vedere in Costa Rica in 15 giorni. E’ il diario di un mio viaggio iniziato a San José, proseguito al Parco del Tortuguero e in quello dell’Arenal, nella Riserva di Monteverde per finire nel magnifico Parco Manuel Antonio. Un itinerario di due settimane con cui conoscere questo fantastico Paese e vivere delle esperienze molto belle e appaganti, come visitare i Parchi della Costa Rica o rilassarsi sulle sue spiagge. Se vuoi sapere Quando andare in Costa Rica per rifare questo itinerario leggi qui il mio post.
DIARIO DI VIAGGIO IN COSTA RICA
1° giorno: San José.
Nuovamente in Costa Rica! Non sto mai nella pelle quando si tratta di ritornare in questo vivace e esuberante Paese e ogni scusa è buona per prendere il volo. Questa volta voglio provare di persona delle escursioni in alcuni nuovi posti da proporre nei mei programmi.
Le cose e i posti da vedere in Costa Rica sono veramente tanti: qui trovi il mio post dei 29 imperdibili luoghi della Costa Rica da vedere.
Non esistono voli diretti dall’Italia a San José. Bisogna quindi fare sempre scalo in hub europeo (Parigi, Amsterdam, Madrid, Londra, Zurigo) o americano (New York, Atlanta, Miami principalmente) e da qui dirigersi verso la capitale costaricana.
Volare con Iberia, come faccio questa volta, per me ha un “sapore” molto particolare, in quanto è la compagnia aerea con cui ho iniziato a viaggiare in Centro-Sud America. E’ una sorta di “mamma” in versione alata.
19.15, atterraggio perfetto e in orario. Se non ho da fare qualcosa di particolare a San José, per cui mi devo trattenere nella città il giorno successivo al mio arrivo, scelgo sempre un albergo che sia nelle vicinanze della strada che collega l’aeroporto con la città.
Questa volta alloggio al Crown Plaza Corobici, un albergone che ha però il pregio di essere praticamente attaccato al Parque La Sabana, uno dei polmoni verdi di San José e ricco di impianti sportivi. Quando arrivo in albergo è già buio e sono anche un po’ stanco per il viaggio, altrimenti sarei uscito per addentrami nel Parque, fermandomi a guardare degli spezzoni di partite di calcio o pallacanestro in cui i Ticos, gli abitanti della Costa Rica, danno sempre l’anima. “Tico” è un caratteristico suffisso che i costaricani (o costaricensi, è lo stesso) aggiungono alla fine delle parole per dare un significato di “piccolo” ma anche di qualcosa a cui si vuole bene.
2°giorno: San José – Parco nazionale Tortuguero
La giornata inizia molto presto: alle 6 devo farmi trovare pronto per il minivan che mi passerà a prendere e mi porterà direttamente a Guápiles. Da qui raggiungerò La Pavona dove mi imbarcherò sulla lancia che in circa 1 ora di navigazione mi porterà al Parco nazionale Tortuguero.
E’ un servizio che viene offerto da alcuni lodge, come il Pachira, che mi ospiterà per due notti. A mio parere, ha un solo svantaggio. Quello di alzarsi presto, dopo essere atterrati qualche ora prima in Costa Rica. I vantaggi sono tanti. Primo tra tutti quello di non perdere tempo prezioso. I passaggi sono tutti rodati e si arriva così per l’ora di pranzo al Tortuguero.
Tortuguero è uno dei pochi posti al mondo dove, nel periodo da luglio ad agosto, si può essere praticamente sicuri di osservare delle tartarughe marine deporre le uova sulla spiaggia, dopo essere faticosamente emerse dal mar dei Caraibi. Per me è sempre un momento molto emozionante osservare questi animali intente, di notte, a scavare una buca e affidare alla sabbia anche un centinaio di uova, dalle sembianze di una palla da golf da cui, dopo circa un mese, sbucheranno i piccoli.
Oltre alle tartarughe, c’è molto da scoprire in questa piccola città caraibica. Le mangrovie, i canali e la giungla circostanti Tortuguero ospitano infatti una straordinaria varietà di altri animali selvatici. Se oltre alla natura si aggiunge la vivace cultura locale, puoi avere l’idea di quanto sarà unica questa esperienza.
L’unico traffico che vedo a Tortuguero è dato dalle numerose biciclette e gli occasionali carretti. Il paese è infatti “car free”, in quanto è possibile raggiungerlo solo via mare o via cielo con un volo da San José. Alberghi e ristoranti sono sparsi lungo la penisola in cui si trova il villaggio, con una particolare concentrazione lungo la strada che attraversa il paese e al vicino approdo delle barche. Altri si trovano lungo i sentieri sabbiosi che si intrecciano intorno alle case, al parco giochi della città e al campo da calcio o lungo la spiaggia. Alcuni lodge sono anche a breve distanza di barca, circondati dalla vegetazione, lungo rive dei canali ricchi come il Pachira.
Decido di passare il pomeriggio bighellonando per il paese per riprendere confidenza con colori, profumi e suoni della Costa Rica. Una cosa che mi piace sempre fare a Tortuguero è sedermi da qualche parte e osservare le persone che vanno e vengono nella loro routine quotidiana. La cena mi aspetta al lodge; sarà per via del fuso orario o perché mi sono fatto tentare da alcune empanadas ripiene di formaggio appena fatte, ma non ho una grande fame.
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3° giorno: Parco nazionale Tortuguero
La colazione è ricca, come da tradizione in Costa Rica. C’è l’immancabile gallo pinto, un piatto la cui paternità è oggetto di disputa tra Nicaragua e Costa Rica. E’ riso saltato con uova, fagioli, formaggio, panna acida, platani fritti. A questo si aggiunge la frutta tropicale che la Costa Rica offre copiosamente. Gli ananas e le banane, per farti un esempio, hanno un sapore completamente diverso da quello a cui siamo abituati in Italia. Ovviamente non perdo l’occasione di provare tutto, dopo la cena quasi in bianco della sera prima, la fame si fa sentire.
Questa mattina mi aspetta una bella escursione in barca lungo i canali del Tortuguero. Indosso il giubbotto salvagente e prendo posto nella lancia, assieme ad altri viaggiatori. Jeffry, la nostra guida, ci introduce parlando prima in lingua spagnola e poi in inglese, allo straordinario ambiente di questa area protetta. Scivoliamo silenziosi nell’acqua, facendo delle soste dove Jeffry ci indica e ci spiega la vita di piante e animali, come caimani, bradipi, farfalle dagli straordinari colori e scimmie che danzano sopra le nostre teste. Due ore decisamente molto intense, una immersione totale nella natura del parco.
Nel pomeriggio un bel tour, questa volta a piedi, lungo i sentieri che solcano i 14 ettari della foresta in cui è ospitato il lodge. Questa volta ammiro mamma bradipo con il suo piccolo sulla schiena. Se non fosse per Sergio, la guida che ci accompagna, me la sarei persa sicuramente. Bisogna avere un occhio allenato per scorgere gli animali nel fitto della foresta. Finisco il pomeriggio a riposarmi a bordo della piscina che, giusto per rimanere in tema, ha la curiosa forma di una tartaruga.
A cena mi aspetta un magnifico filetto di dorado a la plancha (lampuga grigliata) accompagnato da una batida de niña (frullato di ananas).
E’ gennaio e non è il periodo giusto per osservare le tartarughe marine che nidificano al Tortuguero da giugno a settembre, con il picco a luglio e agosto. In questi mesi il Parco organizza ogni sera escursioni guidate sulle spiagge per osservare questo incredibile fenomeno della natura. In questo mio post, troverai il racconto della mia escursione a vedere le tartarughe e tutte le informazioni sul Tortuguero.
Consigli per dove andare a mangiare al Tortuguero ? Se non hai scelto l’opzione lodge tutto compreso, ti suggerisco Mi Niño e Donde Richard. Entrambi offrono piatti della cucina caraibica e costaricana, offrono valide alternative vegetariane e vegane e hanno un ottimo rapporto qualità/prezzo. Comunque non avrai che l’imbarazzo della scelta, tanti sono i locali che troverai.
4° giorno: Parco nazionale Tortuguero- La Fortuna/Arenal (km 174, circa 3 ore da Guápiles)
Ancora qualche ora nel Tortuguero e poi inizio il ritorno a Guápiles, dove ritiro l’auto che lascerò, alla fine del mio tour, in aeroporto a San José.
Inizio il mio viaggio verso La Fortuna, il principale punto di accesso al Parco nazionale Arenal. (In alternativa, potrai decidere di passare qualche giorno lungo la costa caraibica).
Il bello di guidare in Costa Rica è che non sei costretto a pigiare sull’acceleratore. La strada non lo consente. A parte una zona nei pressi di Liberia (area del Pacifico) che diventa per una trentina di chilometri una sorta di superstrada, il resto della rete viaria è fatta da due corsie, una per senso di marcia. Così, considerando il traffico, è veramente difficile superare una media di 50/60 chilometri di media oraria.
Per cui unisco l’utile al dilettevole e guido con calma, guardandomi attorno. Sto attraversando l’anima agricola della Costa Rica, una vasta pianura ricca di fincas (fattorie) e di estese piantagioni, che permettono al Paese di essere uno dei principali produttori al mondo di banane, caffè e ananas. Arrivo così, quasi senza accorgermene, in poco più di 3 ore al Parco nazionale vulcano Arenal.
E’ già l’imbrunire e mi dirigo al Montaña de Fuego, un resort con una bella vista sul vulcano, dotato di piscine di acqua termale e, cosa sempre gradita, con una ottimo rapporto qualità/prezzo. Il tempo di mollare la mia inseparabile borsa/zaino da viaggio in stanza e mi trovo già rilassato e a mollo nelle accoglienti acque termali delle piscine del resort. La cena può aspettare.
La Fortuna e tutta la zona devono la loro prosperità in particolare alla spettacolare eruzione del vulcano Arena del 1968 che, purtroppo, fece quasi 8 vittime tra i civili. La zona si fece conoscere così in tutto il mondo e questo evento naturale richiamò frotte di appassionati che volevano vivere in diretta l’emozione di vedere fuoco, cenere e lapilli e la lava incandescente che scendeva lungo il crinale.
Una volta terminata l’eruzione, amministratori e operatori dell’area dovettero cercare il mondo per attrarre e trattenere il più possibile i turisti. Sorsero quindi anche qui i ponti sospesi sulla volta della foresta e le zip-line (un richiamo turistico di Monteverde), le gita a cavallo, la pesca, il windsurf e il kite surf sul lago Arenal, ma l’attrazione principale dell’area sono, oltre all’Arenal, ciò che questo vulcano scalda: le acque.
Il mio consiglio, se decidi di è quello di scegliere un hotel/resort/ lodge dotato di piscine termali; in alternativa puoi sempre passare un bel pomeriggio, magari con cena compresa ( a buffet) nelle mitiche Terme Tabacon o nelle Baldi. C’è anche la possibilità di usufruire delle acque termali libere.
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5° giorno: Parco nazionale Arenal
Mi sveglio e decido per una giornata attiva ad Arenal. Il parco offre una vasta rete di sentieri escursionistici, complessivamente 5, della durata massima di 2 ore. La mattina la dedico quindi a una sgambata, non molto impegnativa, lungo il percorso del sentiero Arenal 1968, che costeggia la colata lavica del 1968 e attraversa un paesaggio singolare con splendide viste panoramiche sul vulcano e sul lago Arenal.
Nel pomeriggio, dopo un breve spuntino a base di frutta e di caffè, (la mia colazione è stata come al solito abbondante), ritorno, dopo molto tempo, alla cascata La Fortuna. Inizio a scendere i primi dei 500 gradini che portano al maestoso getto d’acqua. Arrivare alla pozza finale non è un problema, è la risalita che può essere faticosa. Arrivo in fondo e mi godo dal basso questo bellissimo salto di circa 70 metri. L’acqua è fresca, entro e rimango il tempo necessario per raffreddare la temperatura dei miei piedi. Alcuni temerari fanno il bagno completo, portandosi sotto il fiotto dell’acqua, come se La Fortuna fosse una potentissima doccia.
Risalgo tranquillamente godendomi la foresta circostante; ogni occasione è buona per fermarmi per cercare di avvistare animali, dalle tante coloratissime rane, alle scimmie, agli uccelli. Fatti in questo modo i 500 gradini in salita non si fanno sentire!
Torno in hotel, mi rilasso nell’acqua termale delle piscine e intanto penso a dove andare a cena. Decido per il Red Frog Coffee Roaster, un locale che ho sempre trovato molto simpatico, economico, dove si servono ottime e abbonanti colazione, ma dove è possibile mangiare piatti costaricani, bere cocktail e ottima birra e gustare uno dei migliori caffè della Costa Rica e anche del Centro America. Attenzione a non paragonare una nostra tazzina di espresso a un caffè che si beve da queste parti; la tostatura della materia prima è completamente differente, per cui l’unico paragone è con altri caffè provenienti da questa parte del mondo.
Alla fine opto per un casado, un piatto tipico della cucina costaricana, che mi faccio servire con carne, platano fritto, gli immancabili fagioli, cipolle rosolate. Lo puoi trovare con versioni diversissime, sia con pesce che con solo verdure. Il tutto innaffiato da un’ottima birra rossa artigianale, molto speziata. Come piace a me.
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6° giorno: Arenal-Riserva di Monteverde (km 120, 3,5 ore circa)
Mi sveglio a un’ora decente, mi carburo con il solito gallo pinto a colazione e inizio il mio viaggio per raggiungere la Riserva di Monteverde, una meta che adoro in modo particolare. Il viaggio non è eccessivamente lungo, sono soli 120 chilometri ma, considerando le soste e la velocità media, mi prenderà più di mezza giornata.
Percorro a velocità turistica la strada che costeggia il lago Arenal e mi fermo più volte per ammirare le evoluzioni dei professionisti di windsurf e kitesurf. Il bacino è artificiale (il più grande della Costa Rica) ed è noto tra gli appassionati per i suoi venti costanti. E’ incredibile che cosa siano in grado di fare questi funamboli in presenza del dio Eolo che soffia nel verso giusto!
La strada inizialmente è ottima, ma so già cosa mi aspetta avvicinandomi a Monteverde. La Riserva si trova infatti a più di 1500 metri di altitudine; la strada diventa sterrata e poi inevitabilmente si impenna; sto guidando un 4×4 e la trazione integrale fa comodo, anche se non strettamente necessaria.
Arrivo a Monteverde nelle prime ore del pomeriggio e mi dirigo subito al Cloud Forest lodge, che mi accoglierà per due notti. Ho scelto questa struttura perché è ospitata in una vasta area di foresta, appartenete ai proprietari del lodge, solcata da diversi sentieri. Ho l’occasione così di immergermi subito nella natura, senza dovermi fiondare alla Riserva di Monteverde o quella di Santa Elena.
Dopo avere lasciato la mia borsa zaino nell’ampia camera che mi è stata messa a disposizione, mi sgranchisco le gambe nella foresta e mi imbatto quasi subito in un solitario coati e, poco dopo, in una famigliola di aguti, dei piccoli roditori caratteristici del Centro – Sud America. Uno degli aspetti positivi del Cloud Forest lodge è che ci sono diversi animali che hanno capito che qui possono trovare cibo senza tanta fatica, per cui è abbastanza frequente vedere coati, aguti, scimmie nei pressi del giardino o di altre strutture della proprietà. I colibrì e altri uccelli sono delle fedeli sentinelle del lodge.
Ritorno in anticipo per un aperitivo godendomi così, dalla terrazza del ristorante, la fantastica policromia del rosso intenso del tramonto sulla fitta foresta circostante.
7° giorno: Monteverde
Hai mai visto il film “Gorilla nella nebbia” ? E’ della fine degli anni ’80 ed è una biografia della celebre Diana Fossey, un’etologa che ha passato anni a studiare i gorilla in Africa. Bene, l’ambientazione del film è quella che puoi trovare a Monteverde, quindi una foresta primaria (mai toccata dall’uomo) immersa quasi perennemente nella nebbia, fornata dalla condensazione dell’aria umida degli alisei atlantici sui monti Tilarán, che costituiscono, di fatto, l’ossatura della Riserva. Per chi vuole essere prevalentemente baciato dal sole, Monteverde può essere un posto da cui scappare a gambe levate. Per altri, come me, è invece un posto quasi “mistico”, molto speciale, difficilmente ritrovabile altrove.
Oggi ho voglia di ammirare la foresta dall’alto come se fossi un uccello. Monteverde è famosa, oltre che per le lunghissime zip line, tra le più audaci al mondo, anche per le più tranquille camminate sui ponti sospesi, delle passerelle che vengono fatte passare sopra gli alberi per potere ammirare così la volta forestale da un punto di vista molto particolare.
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Mi dirigo quindi verso il Selvatura Treetop Walkways Suspension Bridges, che offre un percorso di circa 3 chilometri in cui si attraversano 8 ponti, stra -sicuri. Arrivo al terzo e finalmente, il mio desiderio della giornata è esaudito. Dopo molto tempo rivedo un tucano, uno degli uccelli che preferisco. E’ appollaiato su un ramo, a una decina di metri da me e si sta rassettando un’ala, muovendo il capo con il suo enorme, caratteristico becco giallo che passa in rassegna il piumaggio. Se non fosse stato per il moto del suo capo, non lo avrei sicuramente notato nel fitto fogliame della foresta.
Dedico il pomeriggio a testare una nuova escursione che offrirò nei mei viaggi: il Don Juan Coffee, Chocolate & Sugar Cane Tour che consente, in un colpo solo, di avvicinarsi a mondo del caffè, del cacao e della canna da zucchero, tre produzioni agricole tradizionali per la Costa Rica.
María Fernanda è molto spigliata, giovane e costaricana sino al midollo e mi guida nel tour. E’ gennaio e mi trovo quindi nel pieno della raccolta del caffè. Vengo quindi coinvolto, come altri viaggiatori, a cogliere a mano solamente le bacche mature, lasciando per i passaggi successivi dei prossimi giorni le drupe ancora acerbe. E’ uno dei momenti più delicati della produzione del caffè, in cui si determina la qualità finale del prodotto; bisogna infatti evitare di mescolare le bacche mature a quelle ancora non pronte.
Quello a mano, è anche il sistema di raccolta in assoluto più costoso a cui si ricorre unicamente per i caffè pregiati, come questo che cresce in altura a Monteverde, relegando invece ai sistemi automatizzati la raccolta delle varietà, meno preziose, che crescono in pianura, dove è più agevole il passaggio dei macchinari nella piantagione.
Successivamente le drupe vengono private della buccia, essicate, ripulite e separate a seconda della grandezza, per subire poi il processo di tostatura che ne caratterizzerà l’aroma.
Un percorso articolato che vale la pena conoscere quando si è in Costa Rica. Così, sorseggiando un caffè una volta rientrati in Italia, ci ricorderemo sicuramente dall’esperienza fatta e dal grande lavoro richiesto per farci gustare un aroma imperdibile.
La visita è anche un momento di confronto per paragonare gli attuali processi produttivi con quelli più antichi e per addentrarsi nell’economia della Costa Rica, in cui il caffè è proprio uno delle maggiori produzioni e finisce con le immancabili e deliziose degustazioni di diversi tipi di caffè. Vengo poi convolto nei tour successivi per conoscere la produzione del cacao e della canna da zucchero.
La sera arriva in un attimo e cerco di prendere una decisione su cosa fare. Se ancora rifugiarmi nel ristorante del lodge o, visto che sono già in giro, spingermi verso una meta culinaria alternativa. Decido per Soda La Amistad.
La soda è un ottimo modo per entrare in contatto con la realtà locale. Sono piccole trattorie a gestione famigliare che si trovano sparse un po’ dovunque. Il cibo è genuino, i piatti sono sicuramente tradizionali come gli oramai tradizionali casados, il riso accoppiato con carne, pesce, vegetali e il costo è più che ragionevole.
Mi gusto il mio divertendomi a osservare il frenetico andirivieni tra la cucina e la sala, dove anche la proprietaria ha un bel da fare a servire i vari clienti.
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8° giorno: Monteverde-Sámara
Oggi è la giornata in cui raggiungerò la Penisola di Nicoya, sulla costa dell’oceano Pacifico. Una tradizionale meta in questa zona è Tamarindo, probabilmente la località marina più conosciuta della Costa Rica. E’ una base ottimale per fare escursioni in varie località del Paese particolarmente appropriata per chi ama i locali pubblici e le attrazioni che una cittadina costiera può offrire.
Mi spingo invece a Sámara, una piccola località famosa per la sua ampia e sabbiosa baia, le cui acque calme permettono di nuotare in tutta sicurezza e di fare surf. In realtà, la mia meta è la vicina Playa Carrillo che durante la settimana è quasi deserta, mentre nei week end si riempie di famiglie costaricane che colonizzano la bella spiaggia orlata di palme.
Mi piace Playa Carillo proprio per la sua tranquillità rispetto a Sámara che comunque non è certo una “bolgia”, ma sicuramente è più sviluppata dal punto di visa turistico.
Mi sono trattato bene e vado a prendere possesso della mia stanza al Nammbú Beach front Bungalows, un resort che dà praticamente sulla spiaggia. Mi vergogno a dirlo, ma dalla piscina si gode una vista talmente bella del sottostante arenile che faccio fatica a sradicarmi dalla sdraio in cui sono mollemente disteso a leggiucchiare, per andarmi a godere il tramonto direttamente sulla sabbia.
A cena mi concedo un generoso piatto di ceviche, pesce che viene marinato nel lime con diversi aromi. Lo puoi trovare un po’ dovunque in Costa Rica, anche all’interno del Paese ma, ovviamente, gustarlo sul Pacifico ha tutt’altro sapore!
9-10° giorno: Playa Carillo e dintorni
Decisamente non sono un tipo da spiaggia e non mi piace crogiolarmi al sole. Prendo così queste due giornate per esplorare la zona, tenendo conto che sono alla guida di una “gloriosa” Dahiatsu Bego 4×4. Bruttina ma onesta lavoratrice, che macina chilometri senza lamentarsi, dare preoccupazioni e senza bere eccessivamente. In Costa Rica è molto utilizzata.
Mi dirigo così verso la zona a sud di Playa Carillo, lungo una strada in terra battuta abbastanza ben tenuta, fattibile comunque con qualsiasi vettura. Il percorso si dirige inizialmente verso l’interno; passato il Rio Ora, punto deciso verso il Refugio Nacional de Vida Silvstre Camaronal per rivedere il Pacifico. L’area protetta tutela una parte del litorale dove nidificano, da maggio a novembre, le tartarughe liuto, embricate e verdi. Si può assistere di sera o di notte allo spettacolo di questi animali che escono dall’oceano e depongono le uova. A Sámara e a Playa Carrillo vengono organizzate queste escursioni.
L’unico accesso alla spiaggia in questa zona della Costa Rica è la strada che porta all’area protetta. Poi, una volta lasciata l’auto e raggiunto a piedi l’oceano, ci sono solo due direzione da prendere: destra o sinistra. Scelgo la sinistra (inconsciamente mi convinco che così mi allontano dalla “civilta” di Playa Carillo) e mi incammino sandali in mano lungo la linea dell’acqua che si infrange sulla spiaggia. L’oceano è tranquillo, la sua temperatura è calda, arrotolo le maniche della tshirt e avanzo per un tempo indefinito, con la speranza di trovare qualcosa di particolare sulla spiaggia praticamente deserta.
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Per fortuna la plastica non è onnipresente come da altre parti del Pianeta. Annoto mentalmente “spiaggia plastic free” e a, un certo punto, mi metto a mollo nel Pacifico vicino la riva. Ecco una cosa che adoro della Costa Rica; la temperatura dell’acqua è sempre elevata, così evito il (per me) fastidiosissimo brivido di freddo che si ha normalmente quando si entra in mare.
Ritorno sui miei passi e riprendo la strada per raggiungere Islita, un paese dell’interno di cui ho sentito parlare. Parcheggio vicino al campo di calcio e faccio due passi in questo abitato che è una sorte di museo all’aperto. Dal 2003 una cinquantina di artisti si sono infatti dati da fare per abbellire e arricchire con le loro opere il villaggio. La visita al Museo Islita mi dà la possibilità di avere una visione d’assieme di queste opere.
La cosa bella, penso, è che lo sponsor di questa iniziativa è il vicino Hotel Punta Islita, un resort di lusso appollaiato in cima a una collina, da cui si gode una vista da urlo sul Pacifico. E’ uno dei resort top della zona, ma anche una bella dimostrazione di come il turismo possa dare un suo valido contributo allo sviluppo locale. Nel corso degli anni, infatti, con il ricavato delle sue attività, ha dato il suo sostanzioso supporto anche alla costruzione di vari edifici del pueblo.
Non mi accorgo del tempo che passa: me lo ricorda il sole che inizia inesorabilmente ad abbassarsi. Riprendo così la strada di casa. Lungo il percorso mi fermo a una soda in cui guadagno subito l’attenzione dei proprietari in quanto sono l’unico avventore, il primo della serata, considerando l’ora quasi da nord europa in cui vorrei cenare. Sono infatti circa le 18.30 quando inizio a leggere curioso il semplice menu. La scelta cade su un piatto di casa: calamari in umido innaffiati però dalla ubiquitaria Imperial, la birra nazionale della Costa Rica.
Il giorno dopo riprendo la strada già percorsa per superare di slancio Islita e dirigermi deciso verso Playa San Miguel, il posto giusto per chi cerca una spiaggia selvaggia, isolata e poco frequentata, che rappresenta il punto di convergenza perfetto per gli interessi di molte persone. Chi ama passeggiare sulla sabbia, ha a disposizione infatti 8 chilometri di litorale. Gli appassionati di natura hanno da luglio a novembre la possibilità di osservare le tartarughe marine risalire la spiaggia per deporre le uova. Chi ama nuotare può farlo durante la bassa marea e, al contrario, gli appassionati di surf troveranno belle soddisfazioni nel corso della alta marea.
E’ impreziosita dalle palme e limitata da un grande promontorio di granito. Sono fortunato in quanto, quando arrivo, la marea è alta e ci sono diversi surfisti che danno spettacolo. Ovviamente non tutti sono dei “manici” ma è incredibile quanta poca onda serva poca per divertirsi. Abituato a vedere su Youtube le spettacolari cavalcate su cavalloni mostruosi, ammiro gli acrobati che provano a sfidare le leggi dell’equilibrio su onde che a Rimini farebbero tenerezza.
√ Guarda sulla Mappa dove si trova Playa San Miguel >>
Poco dopo le due , dopo un pranzo sulla spiaggia ma all’ombra di una palma, composto da ananas e manghi, passo alla successiva Playa Coyote, considerata da molti come una delle migliori e remote spiagge del Costa Rica. Silenziosa, pittoresca e tranquilla, è il luogo perfetto per trascorrere una lunga giornata rilassante e per godere tramonti incredibili e viste spettacolari sull’Oceano Pacifico. Ammiro, una volta arrivato, il promontorio roccioso, che la protegge parzialmente.
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Qui l’acqua è calma, effetto della bassa marea che si è data il cambio con l’alta, ottima per bambini e per chi non ha molta confidenza con il nuoto. Mi godo l’atmosfera decisamente informale; molte famiglie costaricane sono qui per un pic nic e vedo tende igloo in ordine sparso sulla sabbia.
Percorro gli ultimi 15 chilometri quando oramai è calato il buio; i fari della mitica Dahiatsu fanno il loro dovere e dopo non molto mi ritrovo al resort.
11°giorno: Playa Sámara – Parco nazionale Manuel Antonio
La giornata di oggi la dedico per buona parte al viaggio da Sámara al Parco nazionale Manuel Antonio.
Come al solito la lunghezza del tragitto non è impossibile, sono meno di 300 chilometri da coprire, ma i tempi di percorrenza sono quelli che sono, per cui devo calcolare dalle 5 ore e mezza in su.
Il percorso si presta a diverse soste, tra cui immancabile quella al ponte dei coccodrilli sul Rio Tarcoles da cui, dall’alto, ammiro questi rettili che bivaccano lungo le sponde del fiume. Alcuni di loro hanno dimensioni decisamente impressionanti.
Decido di fermarmi brevemente sulla spiaggia di Jacó, un centro che ho sempre snobbato. E’ stata la prima cittadina costaricana a svilupparsi turisticamente, perchè (sto parlando degli anni ’60 del secolo scorso) era quella che più facilmente poteva essere raggiunta in giornata dagli abitanti di San José che, in questa maniera, potevano godersi l’oceano Pacifico con una gita in giornata.
Successivamente è arrivata l’ondata dei pensionati statunitensi a incrementare lo sviluppo urbanistico. Jacò, per queste cementificazioni, non mi ha mai eccitato particolarmente ma mi devo ricredere. La spiaggia effettivamente merita, come praticamente tutte quelle della Costa Rica.
Nel tardo pomeriggio supero il Parco nazionale Manuel Antonio per approdare all’Hacienda Barú, all’interno dell’omonimo Refugio Nacional de Vida Silvestre. E’ una delle strutture che preferisco in Costa Rica, sia per la sua posizione strategica sulla costa del Pacifico, da cui è possibile raggiungere facilmente Manuel Antonio o il Parco marino Ballena, sia per quello che rappresenta per la tutela della natura.
E’ infatti una proprietà pubblico/privata di oltre 330 ettari, molto importante dal punto di vista biologico, in quanto è lungo un corridoio biologico che collega alcune aree protette. La Hacienda ha una rete di sentieri lunga 7 chilometri, delle torri di avvistamento e sul territorio sono stati osservati e censite più di 350 specie di uccelli e una settantina di mammiferi.
Mi sistemo in uno dei bungalow e poco dopo sono già a mollo nella piscina della Hacienda, stringendo un bicchiere che accoglie un batido di carambola allungato con il guaro, un distillato costaricano dalla canna da zucchero. A cena mi aspetta un bel pargo (dentice) alla brace con l’immancabile riso guarnito con patacones (platani fritti). Giusto per chiudere la giornata in bellezza!
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12°-13° giorno: Parco nazionale Manuel Antonio
In questi 2 giorni mi attende il Parco nazionale Manuel Antonio, considerato tra i 10 parchi più belli al mondo, uno dei miei preferiti. E’ un piccolo gioiello perché, in uno spazio ridotto, rispetto alle dimensioni di altre aree protette della Costa Rica, offre praticamente di tutto. L’area protetta è percorsa da diversi sentieri che portano a spiagge tropicali, attraversando promontori rocciosi circondati dalla foresta pluviale. Qui è molto facile vedere animali come bradipi o scimmie urlatrici, scimmie scoiattolo o cebi cappuccini.
Trip Advisor nel suo “Best of the best Travellers’ Choice 2021” inserisce Playa Manuel Antonio tra le migliori 25 spiagge al mondo con questa motivazione… “Incantevole spiaggia con tratti di sfavillante sabbia nera e pochissime onde, ideale per crogiolarsi in acqua.” (così la racconta Tripavisor).
Cerco di arrivare presto, perché per visitare il Parco è stato istituito il numero chiuso, proprio per evitare che la natura venga in qualche modo danneggiata dall’eccessiva presenza di visitatori. Entro portandomi nel fedele zainetto tutto quanto necessario per essere autonomo per l’acqua e il cibo. Nel Parco non si sono ristoranti o chioschi. Cammino lentamente nel primo tratto di foresta ma sono un po’ distratto. Colgo però dei movimenti tra i rami di un albero sopra di me ed ecco il primo cebo cappuccino della giornata. Poco dopo un coati attraversa il sentiero, indugiando un attimo ad annusare il fogliame lungo il suo percorso.
Senza accorgermi arrivo alla Playa Manuel Antonio, una delle pochissime che mi inducono a diventare per un giorno il classico “tipo da spiaggia”. L’acqua è calda come al solito e mi accoglie quasi subito dopo essermi sistemato, giusto il tempo di chiudere per bene, in un grosso sacco della spazzatura, il mio zaino e appenderlo a un albero. Il motivo te lo spiego subito.
Le spiagge del parco sono pattugliate da gruppetti di scimmie, procioni, iguane che non aspettano altro che tu ti distragga un attimo per fare il pieno di cibo. E’ capitato anche a me qualche anno fa in vacanza con la famiglia e mi ricordo ancora l’attacco e la fuga di due procioni che si impossessarono in un battibaleno di parte del nostro pranzo, inseguiti da Lorenzo, il mio figlio maggiore.
Quindi cibo ben chiuso nelle borse o negli zaini! Sdraiato prono nell’acqua che mi massaggia le spalle e la schiena, mi godo dal mare il passaggio delle pattuglie in perlustrazione di coati, cebi, procioni e anche di qualche solitaria iguana che tentano il furto, diverse volte con successo, a sorpresi turisti che, comunque vada, si fanno sopra una risata. Il tramonto arriva in un attimo, la giornata è volata via in un battibaleno. Grazie ancora Manuel Antonio per le sensazioni che mi hai regalato!
14° giorno: Parco marino Ballena
Oggi tocca a un altro dei miei favoriti, il Parco marino Ballena. Non farò whale watching anche se è stagione, perché, mi dico, di balene ne ho viste sin troppe non solo in Costa Rica. Però un’altra bella giornata al mare me la voglio regalare. Il Parco non dista molto dalla Hacienda Barú, così me la prendo comoda, anche perché ho controllato l’orario delle maree e ho visto che quella che mi interessa, l’alta, arriva nelle prime ore del pomeriggio.
L’area protetta offre circa 13 chilometri di spiagge, ma quelle che mi interessano oggi sono Playa Hermosa e Playa Uvita, delimitate – lato oceano – da un banco di sabbia allungato e parallelo alla costa, collegato alle due spiagge da un sottile peduncolo di sabbia. Vista dall’alto, con la bassa marea, il tutto assomiglia a una gigantesca coda di una balena. Quando si dice “nomen omen” !
Con l’alta marea il peduncolo di sabbia sparisce e rimane così solo il banco di sabbia principale. Però il livello non è mai eccessivo e così, partendo da una delle due spiagge, mi è possibile raggiungere la coda della balena camminando nell’oceano, con l’acqua che mi raggiunge i polpacci. Arrivato indugio un po’, aspettando che la marea raggiunga il suo massimo. La giornata è radiosa, così mi godo al massimo il ritorno, trascinandomi nel Pacifico.
Non mi dilungo a raccontarti delle balene megattere che vengono nelle acque del Parco a partorire o delle tartarughe marine che vengono qui a deporre le loro uova. E’ un’area protetta non molto conosciuta ma che ti consiglio di visitare. Può capitare che, in stagione, alcune sode offrano uova di tartaruga.
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E’ tutto regolare; la tradizionale predazione delle uova, da parte dell’uomo, si perde nella notte dei tempi in Costa Rica.
Complice l’aumento del numero di tartarughe, grazie alla politiche protezionistiche, il governo costaricano concede annualmente, alle popolazioni locali, il permesso di raccogliere un certo numero di uova da consumare o da commercializzare.
Ultima sera in Costa Rica. Decido di festeggiare al Por Qué no? Sulla scelta incide non poco l’ubicazione del ristorante, uno dei pochi di fronte al Pacifico lungo la costa della Costa Ballena e quello che, a mio parere, offre l’atmosfera più rilassata, romantica e bella con una splendida vista sull’Oceano Pacifico e sulle Rocas de Amancio.
Se dovessi definire la cucina è “fusion” particolare e offre diversi piatti che vanno da frutti di mare, pizza, pollo.
Il pesce è ottimo e mi concedo una fantastica cernia alle mandorle accompagnata da una insalata di melone e avocado. Ottima la birra artigianale.
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√ Come arrivare al Parco marino Ballena dal Parco Manuel Antonio >>
15°giorno: Parco nazionale Manuel Antonio- San Josè
Ultima mattina in Costa Rica. Ho il volo in serata, per cui me la posso prendere abbastanza comoda. Ne appofitto per incamminarmi lungo un sentiero che dalla Hacienda porta, con alcune deviazioni, sul Pacifico. Sbuco sulla spiaggia dopo una decina di minuti e scruto a destra e a sinistra: nessuno all’orizzonte. Dietro di me le palme orlano la spiaggia e subito dopo sbuca la foresta.
Mi sono sempre chiesto se è questo lo scenario che ha accolto Cristoforo Colombo quando ha scoperto l’America e, in cuor mio, penso proprio di sì. Non ho mai fatto indagini approfondite, anche per non rovinarmi l’immagine e le sensazioni a essa collegata, che mi sono creato. Poco importa. Mi sdraio sulla sabbia appoggiandomi sui gomiti e osservo incantato il ritmo altalenante delle onde. Il cielo è azzurro macchiato da innocui cirri. Respiro profondo e inizio a pensare alla prossima scusa da inventarmi per ritornare in Costa Rica.
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Mi chiamo Roberto Furlani e lavoro con passione nel Turismo da 30 anni, di cui 15 passati a dirigere l’Ufficio Turismo del WWF Italia (Fondo Mondiale per la Natura) e 12 come Tesoriere di AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile).
Grazie anche a questa ricca esperienza sono oggi Responsabile Prodotto e Tour operator per Evolution Travel (il Network che conta più di 600 consulenti di viaggio on line), per cui ho creato più di 120 programmi di viaggio, con cui potrai scoprire il Centro-Sud America!
Troverai tutta la mia storia nel “chi sono”; aggiungo solo che per 22 anni sono stato giornalista pubblicista delle pagine scientifiche del Corriere della Sera. E’ stato così per me estremamente naturale dare vita al Travel Blog in cui ti trovi e creare più di 350 post e video che, spero, ti aiuteranno a conoscere e amare intensamente come me questa Regione del nostro Pianeta.
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