Ecco il mio diario di viaggio in Ecuador, un tour da Quito a Guayaquil, passando per Otavalo, il Parco nazionale Cotopaxi, la laguna Quilotoa, Baños, Cuenca. 11 intensi giorni per vivere a fondo l’essenza di questo magnifico Paese.
In questo mio diario ho scritto di molti dei 18 incredibili posti dell’Ecuador che consiglio di visitare.
DIARIO DI VIAGGIO IN ECUADOR
1° giorno: Arrivo a Quito
Mi ricordo il primo atterraggio all’aeroporto di Quito nel 1992, letteralmente da brivido. Gli aerei dovevano incunearsi in una vallata circondata da alte vette e toccare terra su una pista corta a non perfettamente rettilinea. Un altro “piccolo” problema era che l’aeroporto si trovava, in pratica, in mezzo alla città.
A questo si aggiungeva l’altitudine della capitale ecuadoriana, 2850 metri sul livello del mare; la rarefazione dell’ossigeno non era solo un problema di chi sbarcava e passava le prime ore a Quito in affanno, in attesa che il corpo si acclimatasse. Anche le performance dei motori degli aerei ne risentivano (ora non più).
Dal febbraio del 2013 Quito ha un nuovo aeroporto lontano da centri abitati che vanta, tra l’altro, la torre di controllo più alta e la pista di atterraggio più lunga di tutto il Sud America.
Atterriamo quindi senza patemi nel tardo pomeriggio con un volo AirFrance, recuperiamo velocemente il nostro bagaglio e ci ritroviamo altrettanto velocemente nella nostra stanza all’hotel Ikala, uno dei miei favoriti della capitale, nel modaiolo quartiere La Mariscal.
Sono con Anna, mia moglie, in quello che è un tour in cui ho mischiato lavoro (domani mi attendono una serie di incontri a Quito e poi ne approfitterò per testare nuove strutture e programmi in Ecuador) e il piacere di viaggiare in Ecuador, il mio primo Paese sudamericano. Sono stato infatti qui per la prima volta nel 1992!
Per la cena ci affidiamo al Apetite Mariscal Bistro, nello stesso quartiere in cui soggiorniamo, un posto molto carino e ospitale che offre deliziosi piatti della cucina ecuadoriana e altri di origine europea. Consigliata la zuppa di patate, giusto per calarsi immediatamente nei sapori e odori del Paese!
2° giorno: Quito
Dopo una serie di incontri e riunioni di lavoro, ho del tempo per rivedermi molto volentieri Quito, la prima città ecuadoriana a essere dichiarata nel 1978 dall’UNESCO “Patrimonio mondiale dell’Umanità”, grazie al suo centro storico ricco di edifici con una bella architettura coloniale. Raggiungo Anna e Leon, la guida che ci accompagna, in Plaza mayor, come viene chiamata la piazza principale di tanti centri urbani del Sud America.
In realtà si chiama anche Plaza de la Independencia o Plaza Grande e qui puoi trovare un riassunto della storia coloniale ecuadoriana. Tutto intorno alla piazza si affacciano infatti i principali palazzi governativi civili e religiosi: il Palacio Presidencial, il Palacio de la Municipalidad, l’Arcivescovado e la Cattedrale.
Il centro della piazza, ospita il monumento dedicato agli Eroi dell’Indipendenza e un delizioso giardino in cui rilassarsi su delle confortevoli panchine all’ombra di alberi e palme.
Tre sono in particolare i piatti forti del centro storico di Quito. La neo gotica Basilica del Voto Nacional, che si fa sempre notare per le sue alte torri, nelle fotografe che ritraggono dall’alto la capitale. Leon ci fa notare che, nelle guglie, tra i tradizionali gargoyle, ossia quegli esseri mostruosi che hanno la funzione di grondaia, spiccano caimani e iguane, un omaggio alla cultura locale. Saliamo anche su una torre e goderci un bel panorama di Quito.
Troviamo assolutamente “esagerata” la Iglesia de la Compañía de Jesús, probabilmente l’edificio religioso più famoso dell’Ecuador e uno dei più conosciuti dell’intero Sudamerica. Per la ricchezza degli interni, mi ricorda la chiesa di San Pedro a Andahuaylillas, in Perù, soprannominata la Cappella Sistina del Sud America. L’interno è completamente ricoperto d’oro, ed è una straordinaria miscela di stili che comprende anche il moresco e il neoclassico.
Un altro pezzo forte di Quito è il Monasterio de San Francesco che, a confronto della Iglesia de la Compañía de Jesús è, nel suo biancore, decisamente molto austero e in linea con la semplicità e l’essenzialità dell’ordine monastico. Leon ci indica le decorazioni moresche e la raffigurazione Inca del sole, volute dai francescani per cercare di avvicinare quanti più indigeni possibile alla religione.
Nel pomeriggio ci concediamo una corsa su TeleferiQo, una bella e lunga funivia urbana che, partendo da poco più di 3100 metri di dislivello mi porta in 20 minuti a Cruz Loma, a una altitudine di 3945 metri, da cui ci godiamo uno splendido panorama sulla capitale circondata da vulcani.
Finiamo la giornata con uno dei più classici strusci, in Calle de la Ronda, la via più frequentata del centro storico. Camminiamo molto lentamente per goderci la bellezza dei palazzi coloniali che si affacciano su questa movimentata strada. Il tempo vola in questa via, considerando la sua vivacità e la ricchezza di ristoranti, locali, gallerie d’arte e negozi: la sua atmosfera frizzante ci conquista molto facilmente, così come gli ottimi piatti gustati a Can Ferran, un ristorante che si distingue per la sua cucina locale e l’eccellente rapporto qualità/prezzo.
√ Leggi il mio post Quito cosa vedere: 9 posti che devi assolutamente visitare
√ Guarda la Mappa Google di Quito >>
3° giorno: Otavalo e dintorni
Ritiriamo molto preso l’auto e partiamo per Otavalo, a nord di Quito. Oggi infatti è sabato e abbimao l’occasione per vivere quello che viene considerato il mercato più famoso dell’Ecuador e uno dei principali del Sud America. La partenza di buon mattino è dovuta a due principali ragioni; la prima è per vivere il locale mercato del bestiame, la seconda è per evitare i tanti turisti che si riverseranno a Otavalo, considerando la vicinanza (65 chilometri circa) con Quito e la sua notorietà.
Dopo circa un’ora e mezza di guida mi trovo ad aggirarmi tra bovini, suini, polli e i cuyo, i porcellini d’India che, in Ecuador non sono animali da compagni ma una prelibatezza alimentare. E’ abbastanza facile vederli arrostiti nelle bancarelle lungo le strade. La cavia gioca un ruolo significativo nella vita quotidiana degli ecuadoriani, poiché si riproducono rapidamente e hanno bisogno di un minimo di cibo e cure per sopravvivere. Costituiscono un pasto ad alto contenuto proteico soprattutto per le popolazioni che vivono in alta quota.
Osservo i campesiños che guardano attentamente gli animali, le rotondità delle loro forme e mi diverto a seguire le contrattazioni che non sono mai eccessivamente lunghe. Una donna con lunghe trecce e vestita in abiti tradizionale e con alpargate ai piedi, i tradizionali sandali fatti con una fibra di cactus, si allontana con due galline starnazzanti, mentre un uomo tiene con un guinzaglio fatto di corda, due maiali in attesa di compratori.
Otavalo ha una lunga tradizione di produzione tessile e di commercio, iniziata addirittura in epoca pre-incaica, quando i locali scambiavano i loro tessuti con i popoli dell’Amazzonia con il cotone e l’achiote, un colorante rosso.
Il mercato più “oggettistico”si estende a partire da Plaza de los Ponchos e coinvolge tutte le vie limitrofe. Mi aggiro curioso tra le bancarelle straboccanti di mercanzia: borse, oggetti in legno, tessuti, tovaglie, ma non compro nulla. Ho già dato nei miei viaggi precedenti!
Un’altra tappa obbligata è Plaza 24 de Mayo, dove si svolge il mercato alimentare e dove è forse ancora di più possibile vivere un’atmosfera da autentico bazar, rispetto alle parti tessibili. Qui mi faccio tentare da un piatto non propriamente leggero: polpette di patate e salsiccia condite con un uovo fritto, servite con lattuga tritata, pomodoro e riso. Per le prossime 24 ore sarò a posto!
Nel pomeriggio raggiungo Cotacachi, poco distante da Otavalo, una tranquilla cittadina conosciuta soprattutto per il suo artigianato in pelle, dalle giacche ai portafogli, dalle borse alla scarpe, che ammiriamo e tocchiamo con mano camminando in calle 10 de Agosto.
Ci regaliamo un fantastico soggiorno presso la Hacienda San Isidro De Iltaqui, del XVI secolo e perfettamente ristrutturata per offrire ospitalità turistica. Non dobbiamo andare molto lontano per la cena e ne consumiamo una ottima, vegetariana a chilometri 0, nel ristorante dell’Hacienda.
√ Leggi il mio post Il mercato di Otavalo: cosa vedere, cosa comprare
√ Guarda la Mappa Google di Otavalo >>
√ Guarda su Google Map la strada per Otavalo da Quito >>
4° giorno: laguna Quicocha – Latacunga
Oggi ci sgranchiamo le gambe percorrendo il sentiero che circonda il cratere della Laguna de Cuicocha, formata dal collasso del cratere di un vulcano; Cuicocha in Kichwa significa “lago delle cavie”. È stato dato questo nome a causa della forma di porcellino d’India dell’isola più grande al centro della laguna. Sono partito abbastanza di buon mattino, non prima di essermi carburato per bene con una abbondante colazione nella Hacienda, che dista da qui poco più di un quarto d’ora di strada.
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L’escursione è infatti di circa 14 chilometri e si svolge tra saliscendi a una altitudine che varia tra i 3000 e i 3500 metri. Il tempo è inizialmente un po’ nuvoloso ma quando ci troviamo a circa metà del percorso si leva un vento leggero che porta via progressivamente le nubi e ci regala delle viste spettacolari sulla laguna e sulle sue acque di un frizzante blu.
Camminando abbastanza tranquillamente, completiamo l’escursione in poco meno di 4 ore. Durante il tragitto ci godiamo la lussureggiante vegetazione e ci fermiamo ad ammirare diverse orchidee (infatti il sentiero prende il nome di questi preziosi fiori).
Nel pomeriggio partiamo per il lungo trasferimento che in circa 3 ore ci porterà a coprire in poco più di 200 chilometri che separano la laguna con Latacunga, la porta di accesso al Cotopaxi, il vulcano attivo più alto al mondo (5897 metri), la seconda cima dell’Ecuador, dopo sua maestà Chimborazo (altezza metri 6310).
Percorriamo così una parte della cosiddetta Avenida de los Vulcanos, un tragitto di 350 chilometri, lungo la Cordillera delle Ande, che si snoda attraverso 9 vulcani, partendo a nord dal Cayambe, per terminare a sud, dopo aver accarezzato il Sangay. Pernottiamo e ceniamo presso la Cienega, un’altra storica Hacienda che ha ben 400 anni di storia alle spalle che ha anche un ottimo ristorante!
5° giorno: Parco nazionale Cotopaxi
Il Cotopaxi è molto fotogenico, tanto la sua silhouette è immortalata negli scatti di turistici e visitatori. La simmetria perfetta del cono mi ricorda quello di un altro famoso vulcano, l’Arenal, una icona della Costa Rica.
La giornata di oggi è dedicata alla visita del parco nazionale, che protegge questo vulcano assieme ad altre due cime più alte di 4.700 metri ed è secondo solo alle Galápagos nel numero annuale di visitatori.
Gli ambienti di questa area protetta cambiano a seconda della altitudine. Sino a 3600 metri si trovano foreste montane umide, ma la parte più grande è coperta da páramo a 4.000-4.500 metri, l’ambiente d’alta quota tipico delle Ande, che conosciamo in modo più approfondito percorrendo un sentiero dedicato in vicinanza del Centro visite Mariscal Sucre. Il Centro offre anche una introduzione alla geologia, la flora e la fauna del parco e ospita alcuni pezzi della Pucará de Salitre, una fortezza inca del XV° secolo.
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5 chilometri oltre al centro visite facciamo tappa alla Laguna Limpiopungo, a circa 3800 metri di quota, un ottimo posto per ammirare diverse specie di uccelli, grazie anche al sentiero di quasi 3 chilometri che percorre il perimetro.
Ci fermiamo all’ampio parcheggio da cui ho un immediato splendido colpo d’occhio. Anche se non si cammina, vale la pena fermarsi, il posto è molto scenografico: ecco sua maestà Cotopaxi che si rispecchia nella laguna, mentre sul páramo pascola tranquilla una mandria di cavalli selvatici.
Ci incamminiamo lungo il sentiero, ben tenuto e praticamente pianeggiante; alcuni fringuelli e scriccioli saltellano su e giù lungo il percorso. A circa metà strada, vicino a un ponte, scorgiamo dei conigli selvatici.
Riprendiamo l’auto e percorriamo circa 13 chilometri sino al parcheggio del Refugio José F. Ribas, a 4600 metri di quota, il punto di partenza per la salita al Cotopaxi. Lasciamo il mezzo e saliamo lungo il sentiero che supera un dislivello di 200 metri. Dopo circa 45m minuti, arriviamo al grande e confortevole rifugio a 4864 metri di quota. L’altitudine non si è fatta sentire, oramai siamo acclimatati. Ci beviamo una buona e corroborante cioccolato calda e osserviamo alcuni alpinisti che preparano l’attrezzatura per l’ascensione prevista per il giorno seguente. Rientriamo poi alla Hacienda la Cienega per goderci la serata.
√ Leggi il mio post Cotopaxi, Ecuador: cosa vedere e cosa fare nel parco
√ Guarda su Google Map dove si trova il Cotopaxi rispetto a Quito >>
6° giorno: Latacunga- Laguna Quilotoa-Baños
Partiamo in direzione della laguna Quilotoa. La vista delle sue acque smeraldine è forse uno degli scenari più belli che appaiono nella Sierra Centrale. Ci troviamo nell’affascinate e moderno Shalalá Mirador, un avveniristico belvedere di legno che consente di avere una visione perfetta della laguna. Mi sento doppiamente fortunato. Sia perché mi trovo qui e poi perché la giornata di oggi è baciata dal sole.
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Lo scenario è quello che si dice in questi casi “da cartolina”. Le nubi e il cielo si specchiano nelle acque della laguna, che si trova 400 metri più in basso del bordo del cratere, con i vulcani Cotopaxi e Ilinizas che fanno da splendida cornice. Semplicemente fantastico!
Per sgranchirci le gambe abbiamo due possibilità. La prima, fare il giro a piedi della laguna lungo il bordo del cratere in un altalenante percorso di 5-6 ore, è scartata praticamente subito. Ieri abbiamo camminato lungo la laguna Lampiopungo e domenica abbiamo fatto l’escursione alla laguna Quicocha per cui… abbiamo dato!
Decidiamo comunque di scendere in basso per toccare l’acqua di Quilotoa. In mezz’ora siamo giù; c’è un baracchino presso cui è possibile noleggiare dei kajak ma ci rilassiamo sulla riva della laguna, con lo zainetto che fa da cuscino e ammiriamo così le nubi che si rincorrono nel cielo.
Vola così quasi un’ora senza accorgermene. Raccogliamo le forze e dopo avere declinato l’invito a risalire a dorso di un mulo, rifacciamo in senso inverso il sentiero e dopo poco un’ora arrivo all’auto.
√ Leggi il mio post Laguna Quilotoa: cosa vedere, cosa fare. Il Circuito di Quilotoa
Nel pomeriggio raggiungiamo Baños, circondata da spettacolari montagne. Baños pedacito de cielo (un piccolo angolo di paradiso): è questo il nomignolo con cui i locali chiamano questa cittadina, arroccata tra la base del vulcano Tungurahua e la gola del Río Pastaza. Ti assicuro che non è un’esagerazione, soprattutto se si amano le attività nella natura come il rafting, la mountain bike, l’escursionismo a piedi o a cavallo, l’arrampicata, il parapendio, il canyoneering e il bungee jumping. Praticamente è impossibile annoiarsi!
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Ma anche per i più tranquilli e meditativi Baños ha molto da offrire, come le terme alimentate dalla Cascada Cabellera de la Virgen (Cascata dei capelli della Vergine), visibile da qualsiasi parte della città. Pernottiamo al delizioso hotel La Posada del Arte.
√ Leggi il mio post Baños: l’altalena, la ruta de la Cascadas
√ Guarda su Google Map dove si trova Baños rispetto a Quito >>
7° giorno: Baños
Oggi salgo finalmente sulla sella di una bicicletta (ho fatto diversi viaggi, anche con i bimbi al seguito con questo mezzo) e finalmente percorro la Ruta de las cascadas, 61 chilometri di una strada spettacolare che scende da Baños a Puyo, lungo la valle del Rio Pastaza. E’ possibile ammirare una dozzina di salti d’acqua lungo questa strada, trasformata in una grande attrazione turistica con diversi tarabitas (funivie) zipline, altalene e persino un bungee jump in cui ci si imbatte percorrendola.
Scegliamo la strada dell’indipendenza; noleggiare una Mountain Bike è l’ultimo dei problemi a Baños, così, come prendere la strada giusta per Puyo. L’alternativa era partecipare a un tour organizzato sia per ciclisti ma anche per chi vuole godersi gli scroscianti spettacoli della Natura senza necessariamente stare in bilico sulle due ruote.
Controllo che sia tutto a posto, i freni soprattutto, indossiamo il casco, metto nello zainetto il kit per la riparazione della camera d’aria e via!
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Il tempo non è il massimo, questa volta il sole ci ha abbandonato anche se non del tutto; decidiamo di prendercela comoda dicendoci che non dobbiamo necessariamente arrivare sino a Puyo…. non dobbiamo timbrare nessun cartellino!
La strada scende subito di molto e in circa 20 minuti raggiungiamo la prima tappa della giornata, la fragorosa Cascada de Agoyán.
Qui abbiamo diverse opportunità per godere di un’incredibile vista aerea della cascata e del Rio Pastaza sottostante: percorrere una adrenalinica zip line o prendere una più tranquilla funivia. Scelgliamo questa seconda opzione e ci ritroviamo sospesi nel vuoto ad ammirare questo salto, pensando che se già questo è impressionate, chissà i due successivi cosa saranno.
Riprendiamo la bici e dopo circa 15 minuti arriviamo al Manto de la Novia, un affascinante salto di circa 60 metri di altezza che ammiriamo sia da sopra, grazie a una tarabita che attraversa il Rio Pastaza e raggiunge una piattaforma panoramica, che da sotto, con un sentiero che arriva ai piedi della cascata.
Dalla Cascada Manto de la Novia, in altri 25 minuti raggiungiamo quello che molti considerano il clou della Ruta, lo spettacolare Paílón del Diablo, alto circa 80 metri. Ci sono due sentieri che consentono di ammirare questa cascata. Quello più spettacolare è il Grieta al Cielo (Crepaccio verso il Cielo), uno stretto tunnel tra le rocce che ci porta direttamente dietro le fragorose cascate, dopo essere strisciato attraverso passaggi stretti. Da dietro le quinte lo spettacolo è pazzesco!
Ci rilassiamo alla fine in uno dei tanti baretti che si trovano vicino all’entrata della cascata e decidiamo di servirci di uno shuttle su cui carichiamo la bici per rientrare a Baños per continuare il contatto con la natura.
Entriamo così nella Piscinas de la Virgen, i bagni più popolari in città, dotati di tre piscine che vanno di acqua fredda (18°C), calda (37°C ) e molto calda (45°C). Mentre ce ne stiamo a mollo nella vasca intermedia, ci godiamo la posizione veramente spettacolare, ai piedi della cascata dei capelli della Vergine, con vista sulla città e sulla valle.
8° giorno: Baños – Guamote.
La sveglia è all’alba, perché voglio arrivare a Guamote non troppo tardi. Oggi è giovedì, giorno in cui si tiene uno dei principali mercati tradizionali dell’Ecuador e uno dei più autentici. Il motivo è presto detto.
Il 95% della popolazione del Cantone di Guamote (appartenente alla Provincia di Chimborazo) è indigena, mentre in tutto l’Ecuador è solo il 25%. Guamote ha circa 5.000 abitanti, ma nelle montagne che circondano Guamote altre 40.000 persone vivono in piccole comunità. Ogni giovedì, quindi, le persone delle comunità vengono a Guamote per vendere la loro frutta, pecore, maiali, porcellini d’India, mucche, cappelli, vestiti …Uno spettacolo e una immersione nell’Ecuador più genuino.
Una sezione è dedicata alla frutta e alla verdura ed è quella più “classica”. In una seconda si possono gustare deliziose scenette di vita ecuadoriana. La piazza ospita infatti il mercato degli animali dove lama, pecore, maiali e porcellini d’India sono al centro dell’attenzione e degli scambi. Anche qui è normale vedere dei maiali portati a spasso con il guinzaglio, mentre delle donne estraggono da un sacco dei porcellini d’India e li tastano per sentire la consistenza delle loro carni.
La terza piazza è invece consacrata al vestiario. Se serve un rammendo, un orlo o qualsiasi riparazione istantanea per un vestito, mani abili e meravigliose saranno in grado di rimettere a nuovo qualsiasi abito e tessuto. Oltre a una schiera di sarti si possono trovare tantissimi cappelli, ponchos e tutto ciò che può servire per ripararsi dal freddo.
Siamo accompagnati nella visita da Alejandro, una guida di Inti Sisa, una struttura nata da un progetto turistico comunitario, che organizza diverse attività alternative, nel caso il giorno dell’arrivo non coincida con il giovedì: visitare le comunità vicino a Guacamote per conoscere la loro cultura, fare una passeggiata o una escursione a piedi o essere coinvolto in un corso di cucina. Pernottiamo e ceniamo presso di loro, in un camera semplice ma confortevole, perfettamente coerente con lo spirito comunitario dell’organizzazione.
9° giorno: Guamote- Treno El Nariz del Diablo – Ingapirca- Cuenca
Situata sul bordo della gola del Rio Chanchán, con una gigantesca statua del santo patrono San Pedro che domina la città, Alausí, dove ci troviamo, è il punto di partenza per il tratto ferroviario che la collega con Sibambe. Sono solo 12 chilometri che sono costati però circa 2000 vite umane, per dotare questo tratto di binari e consentire così, agli inizi del secolo scorso, il collegamento ferroviario tra le due principali città dell’Ecuador: Quito e Guayaquil.
Ci godiamo affacciati al finestrino la spettacolare scenografia in cui corre il treno. E’ quella della Nariz del Diablo, uno sperone roccioso alto quasi 800 metri su cui bisognava far arrampicare un treno dotato di locomotiva e vagoni. Problema che sembrava insormontabile. Venne risolto tagliando la parete della montagna con dei giganteschi zig zag. In pratica il treno si spinge in una direzione, arriva in fondo a un lungo tratto di binario, cambia binario e riprende a salire (o scendere), sin quando non giunge nuovamente a fondo corsa, dall’altro lato della montagna, dove cambia nuovamente binario e direzione.
Raccontarlo così può sembrare una banalità ma, non conoscendo la storia e guardando il fiume che scorre in basso centinaia di metri, immagino che, ai tempi, non ci sarebbero state molte persone disposte a scommettere sulla possibilità che un treno, da qui, raggiungesse il fondo valle incolume, con il suo carico di persone e di merci.
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E’ una esperienza, salire su questo treno, che vale la pena senz’altro vivere, sia per i superbi paesaggi che si vivono andando su e giù sulla Nariz del Diablo, sia perché si tocca con mano l’ingegno e la caparbietà del genere umano che trova quasi sempre una soluzione a un problema che sembra insormontabile.
√ Leggi il mio post Treno La Nariz del Diablo, Ecuador: tutte le informazioni da sapere!
Riprendiamo la strada e raggiungiamo dopo pranzo Ingapirca, le più celebre rovine Inca dell’Ecuador, uno dei punti più settentrionali in cui è spinto l’impero Inca.
Prima dell’arrivo degli Inca, Ingapirca era abitato dai Cañari. Il complesso merita la visita; spiccano alcune costruzione come l’ellittico Tempio del sole (costruito dagli Inca) o il Tempio della luna, edificato dai cañari. Il complesso è circondato da terrazzamenti e da canali per l’acqua.
E’ quasi sera quando arriviamo a Cuenca. Il suo centro storico, come quello di Quito, è Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Pernottiamo a Casa San Rafael, un elegante edificio coloniale, ubicato nel centro storico della città.
√ Leggi il mio post Cuenca, Ecuador: cosa vedere, cosa fare
√ Guarda la Mappa Google di Cuenca >>
√ Guarda quanto dista Cuenca da Guayaquil >>
10° giorno: Cuenca
Non c’è che l’imbarazzo della scelta su cosa fare a Cuenca avendo solo un giorno. Cuenca si contende con Quito il titolo di centro storico più bello dell’Ecuador. Se ti piace l’architettura o la storia, la città ha un ricco patrimonio di musei e di belli e sontuosi edifici coloniali, tanto da fregiarsi del titolo di “Patrimonio dell’Umanità” attribuitole dall’UNESCO.
Se ti piace la movida è ricca di locali e di ristoranti, mentre se sei attratto dallo shopping, Cuenca è famosa anche per il suo artigianato, la ceramica, la lavorazione dei metalli e per i suoi cappelli Panama. Sì, perché i famosi copricapi non sono prodotti nello stato centro americano ma qui, ai piedi delle Ande!
Iniziamo la giornata con una visita al coloratissimo e particolare Mercado de las Flores, inserito dal National Geographic nella lista dei 10 migliori mercati di fiori all’aperto al mondo. L’Ecuador è infatti il terzo esportatore di fiori al mondo, in particolare le sue rose di alta qualità. Molti di quelli che non lasciano il Paese Sud Americano, sono venduti accanto alla Nuova Cattedrale, una icona della città e una delle cattedrali più grandi della America Latina; si dice che sia in grado di ospitare 9000 fedeli.
Spettacolari le tre cupole blu che la contraddistinguono, forse la parte più bella dell’edificio. Saliamo una stretta scala a chiocciola per raggiungere le cupole e ammirare così Cuenca dall’alto.
Ci facciamo tentare dall’enorme Museo Etnografico, considerato il migliore della città. Un piccolo particolare, che non stona mai, è che è gratuito! Ospita una collezione di arte al piano terreno che guardo abbastanza velocemente per raggiungere il primo piano, che ritengo più interessante in quanto si trovano migliaia di manufatti e, soprattutto, oltre 20 diorami che presentano le diverse etnie dell’Ecuador e la ricostruzione di alcune tipiche abitazioni.
Rimango un po’ inorridito di fronte a quella che viene considerata l’attrazione principale del museo, ossia la collezione di teste rimpicciolite del popolo Shuar dell’Amazzonia.
Una volta usciti dal museo ci incamminiamo nel Parco archeologico, un complesso di quattro ettari che ospita ciò che è rimasto di una postazione militare Inca, smantellata in gran parte dagli spagnoli per ricavare il materiale con cui costruire le nuove dimore di Cuenca e che comprende anche in Parco etnobotanico con oltre 300 specie di piante e un centro di salvaguardia degli uccelli con, tra l’altro, tucani, pappagalli e aquile.
Se sei alla ricerca di una Cuenca meno “ingessata “ dai musei ma vivace, spensierata e divertente vai a farti una “vasca” a nella Calle Larga, dove chiudiamo la giornata, un vero concentrato di ristoranti, musei, caffetterie, bar, club e negozi. A un isolato dal Río Tomebamba, uno dei quattro fiumi di Cuenca, è un ottimo posto per passeggiare e rilassarsi, come fanno molti ecuadoriani. Ceniamo al Capitán, un piccolo ma delizioso ristorante a conduzione famigliare che offre una superba corvina a la plancha. Ottimi i calamari.
11° giorno: Cuenca – Guayaquil
Ripartiamo da Cuenca. Ecco una giornata dove si susseguiranno diversi spettacolari panorami: dalle Ande alla foresta nebulosa, alle piantagioni di banane e di cocco e ai campi di riso. Arriviamo a Guayaquil, la seconda città dell’Equador, che non mi ha mai fatto “impazzire” particolarmente.
E’ il centro economico dell’Ecuador, ma devo ammettere che il Malecon 2000 l’ha cambiata decisamente in meglio. Considerata uno dei posti meno sicuri di tutto l’Ecuador, il fiume Guyas, che percorre la città, era un luogo di spaccio e di prostituzione.
Bravi gli architetti e i politici che hanno trasformato “questo luogo di perdizione”, ora un tradizionale punto di incontro per la popolazione locale , ricco di attrattive.
Abbiamo voglia di fare 4 passi e ci dirigiamo verso il Cerro Santa Ana. Iniziamo a salire il primo dei 444 gradini che ci porteranno in cima. I modi per distrarsi lungo l’ascesa non mancano certo, come le tante belle e colorate case e i locali, così ci ritroviamo senza accorgerci in cima alla collina. La vista di Guayaquil dall’alto è veramente unica. Facciamo l’ultima fatica e risaliamo anche il faro.. più in alto così non si può!
Va bene così, ammiriamo l’oceano. Lontanissime le Galapagos che ci aspettando domani; ma questa è un’altra storia!
√ Leggi il mio post Guayaquil 5 luoghi assolutamente da visitare
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Mi chiamo Roberto Furlani e lavoro con passione nel Turismo da 30 anni, di cui 15 passati a dirigere l’Ufficio Turismo del WWF Italia (Fondo Mondiale per la Natura) e 12 come Tesoriere di AITR (Associazione Italiana Turismo Responsabile).
Grazie anche a questa ricca esperienza sono oggi Responsabile Prodotto e Tour operator per Evolution Travel (il Network che conta più di 600 consulenti di viaggio on line), per cui ho creato più di 120 programmi di viaggio, con cui potrai scoprire il Centro-Sud America!
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